SPARI davanti a Palazzo Chigi: Feriti 2 carabinieri! IL VIDEO

601792_10151483498942530_1281370017_n     ++ SPARI P. CHIGI: UN CC FERITO AL COLLO, UNO ALLA GAMBA ++

Durante il giuramento del Governo Letta,  un uomo ha sparato davanti a Palazzo Chigi – sede della presidenza del Consiglio – colpendo due carabinieri. Ad aprire il fuoco un uomo in giacca e cravatta che all’improvviso ha sparato. I due carabinieri avrebbero risposto al fuoco. L’uomo, Luigi Preiti, che ha sparato sarebbe uno squilibrato che si è presentato in giacca e cravatta davanti a palazzo Chigi, e, all’improvviso, ha aperto il fuoco contro i militari. Ha sparato diversi colpi di pistola. A terra vi sono almeno sei-sette bossoli. L’uomo ha poi tentato di fuggire, ma è stato ferito e arrestato.

I due carabinieri non sarebbero in pericolo di vita

http://video.corriere.it/sparatoria-palazzo-chigi/f55a521c-afe9-11e2-9916-33bf7b5011d8 Questo è il video della sparatoria

LISTA DEI MINISTRI DEL GOVERNO LETTA

++ LETTA SODDISFATTO, RECORD DI PRESENZA FEMMINILE ++

Questo è il link dell’articolo di ieri in cui esprimevo la necessità di formare questo governo.

https://sguardoquotidiano.wordpress.com/2013/04/26/140questo-governo-s-ha-da-fare/

 

Enrico Letta ha sciolto la riserva davanti al Presidente della Repubblica. Il giuramento si svolgerà domani alle ore 11:30

Lista dei Ministri

FILIPPO PATRONI GRIFFI                       SOTTOSEGRETARIO PRESIDENZA

ANGELINO ALFANO                                  VICEPREMIER E MINISTRO INTERNI

FABRIZIO SACCOMANNI                               MINISTRO DELL’ECONOMIA

GRAZIANO DELRIO                                       MINISTRO AFFARI REGIONALI

MOAVERO MILANESI                                 MINISTRO AFFARI UE

CARLO TRIGILIA                                           MINISTRO COESIONE TERRITORIALE 

ANNA MARIA CANCELLIERI                MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

 MARIO MAURO                                               MINISTRO DIFESA

GIAMPIERO D’ALIA                                     MINISTRO PA 

MAURIZIO LUPI                                             MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE 

JOSEFA IDEM                                                   MINISTRO PARI OPPORTUNITA’ E SPORT

EMMA BONINO                                               MINISTRO AFFARI ESTERI 

FLAVIO ZANONATO                                   MINISTRO SVILUPPO

CECILE KYENGE                                           MINISTRO DELL’INTEGRAZIONE

ANDREA ORLANDO                                     MINISTRO DELL’AMBIENTE 

ENRICO GIOVANNINI                               MINISTRO LAVORO

MARIA CHIARA CARROZZA                 MINISTRO ISTRUZIONE 

NUNZIA DE GIROLAMO                          MINISTRO POLITICHE AGRICOLE

 MASSIMO BRAY                                       MINISTRO BENI CULTURALI

GAETANO QUAGLIARIELLO             MINISTRO RIFORME COSTITUZIONALI

DARIO FRANCESCHINI                                   MINISTRO RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

BEATRICE LORENZIN                                      MINISTRO DELLA SALUTE

 

QUESTO GOVERNO S’HA DA FARE!

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Questo governo deve partire.

Non ci sono tanti discorsi da fare, molti nodi da sciogliere. Questa è l’unica reale possibilità per uscire dall’impasse istituzionale che si è venuta a creare dopo le elezioni. Non c’è più tempo da perdere.
Servono riforme profonde e strutturali . Il tempo dei giochini, dei capricci, dei ricatti e dell’inconcludenza deve finire subito.
Ed infatti sembra che anche i partiti, dopo la sgridata di Napolitano, abbiano avvertito l’urgente bisogno del nostro paese di un esecutivo forte e stabile.

In momenti di questo tipo, le forze parlamentari devono mettere da parte ogni tipo di preclusione ideologica. Ci si deve sedere ad un tavolo e cercare di fare il più possibile. In momenti di questo tipo non accettiamo forze parlamentari schizzinose.
Infatti, tanto per ricordare a coloro che hanno gridato all’inciucio, nel 1976 il Partito Comunista Italiano assicurò l’appoggio esterno al governo Andreotti. Capito? Giulio Andreotti, mica Salvador Allende. Eppure la necessità di collaborazione spinse questi due partiti, così lontani ideologicamente, a cercare un compromesso.

Ed anche oggi i partiti si devono tappare il naso e trovare punti di convergenza. Anche con Berlusconi, la Gelmini, Brunetta, Rosy Bindi e Franceschini. Proprio perché non ci sono altre opzioni. O si forma un governo o l’Italia andrà incontro ad un suicidio istituzionale.

Basterebbe trasformare in legge alcune delle proposte dei cosiddetti 10 Saggi per riformare una parte importante del nostro assetto istituzionale. Uscire dal bicameralismo perfetto e formare un Senato delle Regioni che possa, realmente, rappresentare le realtà locali; ridurre i Deputati a 480 e i Senatori a 120; cambiare legge elettorale per garantire una governabilità certa alla coalizione vincente; ridare ossigeno alle imprese, saldando tutti i debiti della Pubblica Amministrazione ed altri pochi punti possono essere la base di un programma di governo semplice ma efficace che possa assicurare stabilità al nostro Paese.

Ecco perché non riesco a capire il no a priori con cui Grillo liquida questa proposta. Un movimento che riesce ad ottenere più di 8 milioni di voti con la promessa di rinnovare la struttura del Paese dovrebbe fare di tutto per dare delle risposte ai propri elettori. Deve portare dei risultati, qualche obiettivo raggiunto.
Invece, il Movimento 5 Stelle si isola nel proprio mondo ripetendosi “Sono tutti cattivi e corrotti, noi non parliamo con nessuno”, e rischia così di allontanarsi dalla voce del popolo che gli aveva chiesto cambiamento.
Grillo deve capire che non gli stanno chiedendo di dare in nozze sua figlia a Brunetta o di fare una vacanza ad Arcore con la Santanchè, ma di formare un governo di scopo. Sicuramente la classe politica degli ultimi vent’ anni ha fallito. A destra e a sinistra. Ma la politica è compromesso.
Sei si sceglie di andare in Parlamento bisogna saper discutere e collaborare con chiunque. Questo è il principio della democrazia parlamentare.

Gli elettori si sono stufati della politica da salotto che litiga su questioni inutili. L’Italia ha, di nuovo, bisogno della vera politica. Quella che riesce a risolvere i problemi reali dei cittadini. Per una volta: Basta chiacchiere, sedetevi ad un tavolo e mettetevi all’opera.

 

Gabriele Guzzi

Silvio e Beppe: i vincenti della politica.

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Ecco chi può tornare a casa felice e contento dopo le elezioni del Presidente della Repubblica. Silvio e Beppe. Così diversi, così uguali.
Questi due ragazzi di 76 e 64 anni escono da queste elezioni come i 2 vincitori incontrastati della bagarre politica italiana.

Sulla scia del pareggio clamoroso ottenuto alle elezioni parlamentari, Silvio Berlusconi continua ad avanzare nei sondaggi.
Dopo aver condotto una campagna elettorale all’insegna dello scontro, dal 26 Febbraio Berlusconi ha incominciato ad indossare le vesti del politico responsabile e pronto ad un governo di larghe intese. Dopo aver insultato per 2 mesi quella “banda di comunisti”, il giorno dopo le elezioni, era disposto, senza farsi troppi problemi, a formare un esecutivo con le stesse persone che aveva tacciato di bolscevismo neanche 24 ore prima.

La coerenza, come sappiamo, non è il forte di Silvio Berlusconi. Ma la grande capacità del Signor B. è proprio quella di capire precisamente la fase che sta vivendo, in un determinato momento, la politica, ed agire di conseguenza; in modo che egli possa apparire agli occhi degli italiani come il Salvator Mundi.
Ed infatti finite le elezioni, Berlusconi ripone in armadio il costume da combattente ed indossa quello dell’uomo di stato, disposto perfino a votare il leader del partito antagonista, Pierluigi Bersani, alla Presidenza della Repubblica, pur di raggiungere un patto fra le forze politiche. Ma dopo 20 anni sappiamo che ogni frase ed ogni gesto che compie B. sono studiati e preparati approfonditamente, proprio per guadagnare terreno nei suoi amati sondaggi.

Inoltre, arrivate le elezioni del Presidente della Repubblica, Berlusconi ha il grande merito di presentare un partito forte e coeso capace di votare unito lo stesso candidato. Ad un PD lacerato dalle lotte interne, Silvio offre un PDL compatto e sicuro. Perché c’è una grande differenza fra un partito che dialoga sulle scelte da compiere per poi convergere sulla stessa linea, e un partito che litiga per prendere delle decisioni e poi si spacca al momento del voto.

Terza grande vittoria di Silvio Berlusconi -e forse la più importante- è l’esser riuscito ad eleggere un Capo di Stato disposto ad offrirgli qualche garanzia di protezione. Di certo Napolitano non è quel famoso Presidente che si chiama Salva di nome e Condotto di cognome, ma, di fronte alla possibilità di avere Stefano Rodotà o peggio ancora Romano Prodi, Berlusconi è ben contento di eleggere un Presidente che già ha dimostrato di riuscire a tenere bene in equilibrio la bilancia fra i due partiti. Non possiamo non capire, infatti, il sorriso a 32 denti che ha mostrato dopo la riconferma di Giorgio Napolitano.

Dal canto suo Beppe Grillo ha rilanciato la sua corsa politica. Il Movimento 5 Stelle, finite le elezioni politiche, stava mostrando i suoi limiti e le sue debolezze; anche i sondaggi facevano notare una calo nei consensi. Ma come sempre quando qualche politico è in difficoltà, il Partito Democratico, forse preso da qualche forma di carità cristiana, si impietosisce e si mette a regalare voti qua e là. Insomma il PD, se si presentasse l’opportunità,  riuscirebbe a far risorgere anche l’ “onorevole” Domenico Scilipoti. Infatti Bersani&CO presentano Franco Marini come candidato per la Presidenza della Repubblica. Grillo, intuendo la grande opportunità che gli stava offrendo il PD di riconquistare consenso, presenta un nome molto rispettato ed ammirato dall’elettorato di centro-sinistra, Stefano Rodotà. Ecco che Grillo riesce un’altra volta a capire il volere del popolo e, di questo, farsi l’unico rappresentante nella politica italiana.

Insomma di fronte al fallimento totale del PD, questi due ragazzi riconquistano la prima linea nel palcoscenico della politica italiana.

 

Gabriele Guzzi

RE GIORGIO TORNA IN CAMPO. Il PD NON ESISTE PIU’

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Come poteva accadere nelle migliori fiabe, il Re torna a salvare la principessa imprigionata nel castello, la sposa e vivono per sempre felici e contenti.
Purtroppo questa non è una una fiaba di Capuana e probabilmente questo non è il lieto fine che molti si aspettavano.

Giorgio Napolitano sarà il prossimo Presidente della Repubblica. Questo è senza dubbio un fatto storico per la Repubblica Italiana che mai aveva visto lo stesso uomo sul Quirinale per due mandati consecutivi. Napolitano ha, dunque, accettato la richiesta bipartisan di continuare, ad 87 anni, a svolgere la sua funzione.
Senza voler mettere in dubbio l’alta levatura istituzionale che contraddistingue Giorgio Napolitano, questa ricandidatura è la prova provata del completo fallimento del Partito Democratico. La stessa forza politica che, neanche 2 mesi prima, si era candidata a guidare il governo di questo paese.
Una dirigenza che non riesce ad avere un peso politico sulle scelte dei propri deputati e senatori, decisioni che vengono ribaltate nel giro di 12 ore, lotte fratricide all’interno dello stesso gruppo parlamentare ed una lontananza chilometrica dal volere dei propri elettori sono alcuni dei paradossi che sono accaduti nel Partito Democratico.

Il capro espiatorio di tutto questo è Pierluigi Bersani. Sicuramente le sue colpe sono indifendibili e la scelta di dimettersi era l’unica via per provare a far risorgere il partito. Una campagna elettorale vergognosa caratterizzata solo da qualche metafora  alla Crozza buttata giù, da qualche promessa di smacchiatina ha reso evidente la mancanza di un carisma adeguato per poter vincere le elezioni. Successivamente ha provato, fino all’umiliazione pubblica, a formare un governo con i 5 Stelle che nel frattempo, sui Social, ridevano di lui. Ma l’acmè del suo fallimento sono state le elezioni del Presidente della Repubblica.

Invece di convergere sul nome di Stefano Rodotà, personaggio che, storicamente, appartiene al mondo culturale della sinistra ; Bersani prova a convincere i suoi che l’abbraccio con il Caimano è l’unica via per poter riappacificare il Paese. I suoi neanche lo stanno a sentire. Si vota e Franco Marini prende più di 150 voti in meno di quelli che avrebbe dovuto prendere.
Passo indietro. Forse l’inciucio con Silvio non è la strada giusta. Che si fa allora? Candidiamo la persona che di più compatta il Partito: il suo fondatore. Ma qui ci dobbiamo fermare un’altra volta. Perché dopo aver verificato l’impossibilità di eleggere un candidato “delle larghe intese” non si sono decisi a votare Rodotà? Probabilmente per non darla vinta a Grillo.
Pur di non far vincere il candidato del M5S, il PD non ha votato un ex presidente del PDS, partito a cui lo stesso Bersani apparteneva.
Ma andiamo avanti. Bersani propone Prodi e all’unanimità l’assemblea dei Grandi Elettori dice sì. Neanche 16 ore dopo più di 100 franchi tiratori (evidentemente illuminati durante la notte) “tradiscono” la linea del partito e non votano Romano Prodi. Ad un punto tale di pazzia il Pd non vi era mai arrivato. Il partito è allo sbaraglio totale: nel giro di un’ora si dimette il Presidente ed il Segretario.

Ed ecco che arriviamo alla scelta di ri-candidare Giorgio Napolitano. Verificato ampiamente l’impossibilità di proporre un proprio nome, e il non voler arrendersi a Grillo spingono Pierluigi Bersani ad andare in ginocchio a chiedere di togliere le castagne dal fuoco a Napolitano. Questi accetta ed ecco che possiamo ufficialmente celebrare il funerale del Partito Democratico.

Non tutte le colpe vanno però date a Bersani. I problemi all’interno del PD sono molti e radicati nel tempo. Troppi protagonismi e troppe divergenze impediscono la formazione di un partito forte e coeso. Troppi D’Alema, troppe manovre sottobanco.

Vedremo se dirigenti del PD riusciranno a capire la lezione e a ricostruire da zero un partito migliore

 

Gabriele Guzzi